25 febbraio 2009

THE READER

Ieri sera ho finito un libro che mi ha fatto dormire sonni agitati. O magari è stato il tonno.
No, secondo me più il libro!
Stasera mi dò una pacca sulla spalla e mi porto al cinema. A vedere THE READER.
Il film è bello, ma il mio stato d'animo è sempre più depresso e malinconico. Mi chiedo perchè mi dò retta!!?
Oltre tutto sono anche molto arrabbiata perchè ci arroghiamo sempre il diritto di decidere le sorti degli altri.
Mi ha molto inquietata il vedere come la storia, in mega o in micro, si ripeta e si riproponga. Con motivazioni diverse, con coscienze diverse, ma tagliamo il traguardo tutti con lo stesso peccato sulle spalle.
Hanna ha lavorato come guardiana nei campi di concentramento.
Lei ed altre 5 vengono giudicate, più moralmente che legalmente, a riguardo della procedura da loro usata, di selezionare 10 donne da rimandare a morire ad Auschwitz.
Nei campi hanno lavorato centinaia di guardiane, migliaia di uomini e donne con oneri e responsabilità anche peggiori; ma queste 6 sono state scelte a loro volta per fungere da capro espiatorio. Saranno loro a pagare a nome di tutti. Sono state loro ad essere selezionate per essere sacrificate.
L'insegante spiega una cosa tanto banale quanto aberrante e purtroppo inoppugnabile: le persone vengono giudicate ADESSO, ma tenendo conto delle leggi vigenti ALLORA.
In effetti non si può condannare qualcuno che ha agito contro gli Ebrei mentre erano in vigore le leggi razziali. Nessuno avrebbe mai dovuto permettere l'esistenza di leggi razziali!
Grazie al cielo l'insegnante aggiunge anche che uccidere è sempre peccato. Un piccolo e fievole barlume di moralità...
Michael non riesce a capacitarsi della spietata e razionale crudeltà di Hanna. Che porta come sue ragioni, il dovere. Il lavoro.
Potrebbe scagionarla dall'accusa più grave. Farle scontare 4 anni come le altre 5 guardiane, del tutto disinteressate al loro processo, e per nulla cambiate nella loro meschinità; ma preferisce lasciarla al suo destino, sperando che le impartisca una lezione.
Ma "i campi non insegnano niente". La risposta che trova nella sua visita ad Auschwitz è sbagliata. Il suo paragonare la prigione di Hanna alla prigione degli Ebrei lo porta a commettere lo stesso errore dei colpevoli: giudicare. Decidere le sorti.
"Cosa hai imparato in prigione?" (ma "i campi non insegnano niente") le chiede 20 anni dopo.
"A leggere" risponde lei.
Un film pesante, come lo possono essere solo quelli legati al NaziFascismo.
Un rimando di domande e un' eco di risposte.
La scatoletta del the fa commuovere. Se si pensa che siamo tutti infinitamente simili. Anche se stiamo dai due lati opposti della barricata.

Nessun commento: